I Grandi Autori

Pirandello

Shakespeare



La Storia Del Teatro


La Storia del teatro, nella sua definizione più moderna di disciplina autonoma, interpreta e ricostruisce l'evento teatrale basandosi su due elementi principali: l’attore e lo spettatore e più precisamente sulla relazione che li lega, la relazione teatrale.
La divisione temporale del fenomeno teatrale che generalmente viene utilizzata si può così schematizzare:



Il Teatro Classico

L'antica Grecia

La tradizione attribuisce le prime forme di teatro, a Tespi, giunto ad Atene dall'Icaria, verso la meta' del VI secolo. Tradizione vuole che sul suo carro trasportasse i primi attrezzi di scena, arredi scenografici, costumi e maschere teatrali.

Gli Ateniesi svilupparono la consuetudine di organizzare regolarmente grandi festival in cui i maggiori autori teatrali dell'epoca gareggiavano per conquistarsi il favore del pubblico. La forma d'arte di ispirazione più elevata era considerata la tragedia, i cui temi ricorrenti erano derivati dai miti e dai racconti eroici. Le commedie, che spesso fungevano da intermezzo tra le tragedie, di carattere più leggero e divertente, prendevano spesso di mira la politica e i personaggi pubblici del tempo.

I principali tragediografi greci furono Eschilo, Sofocle ed Euripide; il commediografo più importante fu Aristofane. Il teatro greco era basato sulle tre unità aristoteliche di luogo, tempo ed azione.



   

Il teatro latino

Nella Roma antica il teatro, che raggiunge il suo apice con Livio Andronico e Plauto, è una delle massime espressioni della cultura latina.

I generi teatrali romani che ci sono rimasti meglio documentati sono di importazione greca. Si sviluppano altresì una commedia e una tragedia di ambientazione romana, dette rispettivamente togata (o trabeata) e praetexta. La togata viene distinta da generi comici più popolari, quali l'atellana e il mimo. La tragedia (praetexta) di argomento romano si rinnova negli avvenimenti, considerando fatti storici. La tabernaria era invece un'opera comica di ambientazione romana. Il genere popolare dell'atellana è stato accostato alla commedia dell'arte.




Il Teatro Medioevale

Il teatro nel medioevo

Dopo la caduta dell'Impero romano sembrò che il teatro fosse destinato a non esistere più. La chiesa cattolica, ormai diffusa in tutta Europa, non apprezza il Teatro ed addirittura scomunica gli attori. A questa situazione, però, sopravvivono i giullari, eredi del mimo e della farsa atellana. Intrattengono la gente nelle città e nelle campagne con canti ed acrobazie e pende su di loro la condanna della chiesa la quale, dal canto suo, dà origine ad un'altra forma di Teatro: il dramma religioso o sacra rappresentazione, per mezzo del quale i fedeli, spesso analfabeti, apprendono gli episodi cruciali delle Sacre scritture.




Il Teatro Moderno

Il teatro nel Rinascimento

Il Rinascimento è stata l'età d'oro della commedia italiana in seguito del recupero dei testi classici greco-latini degli Umanisti.
Uno dei commediografi più rappresentativi del teatro rinascimentale è stato Nicolò Machiavelli che aveva scritto una delle commedie più importanti di questo periodo, La Mandragola con riferimenti satirici alla realtà quotidiana.
Fra i molti che si cimentarono in composizioni di testi teatrali un posto particolare occupano Pietro Aretino, Ludovico Ariosto e Angelo Beolco detto Ruzante perché rappresentano la figura dell'intellettuale che si mette al servizio della corti.
Per quella estense Ariosto, oltre Orlando furioso, scriverà delle divertenti commedie come la Cassaria.
In caso a parte è rappresentato dalla figura e l'opera di Angelo Beolco detto il Ruzante dal nome del contadino padovano protagonista delle sue opere, la particolarità del teatro di Ruzante era quella di introdurre nel teatro italiano, che sino ad allora aveva usato il volgare fiorentino, il dialetto. Nel caso di Ruzante questo dialetto era il padovano cinquecentesco delle campagne venete. Dall'uso del dialetto si passò direttamente ai dialetti veneti, lombardi delle maschere della Commedia dell'Arte come Arlecchino e il dialetto napoletano come nel caso di Pulcinella.
Il Rinascimento non fu soltanto commedia ma anche il teatro tragico trovò un suo spazio; il conte Gian Giorgio Trissino e Torquato Tasso composero tragedie di carattere epico. Con la ripresa del teatro si cominciarono a costruire anche degli spazi atti a contenere scenografie, alle volte anche complesse, quindi in questo periodo vengono costruiti nuovi teatri, l'esempio più eclatante è il Teatro Olimpico di Andrea Palladio che si trova a Vicenza.



   


Il teatro del XVII secolo

Il Seicento fu un secolo d'oro per il teatro. In Francia nacque e si consolidò il teatro classico che, basato sul rispetto delle tre unità aristoteliche, si sviluppò dopo il 1630 con le grandi tragedie di Pierre Corneille e Jean Racine, e con le commedie di Molière.

In Italia il teatro dei professionisti, i comici della Commedia dell'arte, soppiantò il teatro erudito rinascimentale. Per circa due secoli la commedia italiana rappresentò il "Teatro" tout court, per il resto d'Europa. La sua influenza si fece sentire dalla Spagna alla Russia e molti personaggi teatrali furono direttamente influenzati dalle maschere della commedia dell'arte: Punch la versione inglese di Pulcinella, Pierrot la versione francese di Pedrolino e Petruška la versione russa di Arlecchino.

In Inghilterra a cavallo tra i due secoli fiorì il teatro elisabettiano, il cui massimo rappresentante fu William Shakespeare (1564-1616). I temi del repertorio elisabettiano tragico, vari e complessi, erano ispirati alla tradizione greca e latina, ma anche alla storia inglese. Contravvenendo alle regole rinascimentali circa la purezza dei generi drammatici, nella struttura delle tragedie furono inseriti momenti e toni tipici della commedia, mentre quest'ultima con gli anni si colorò di tinte fosche, tragiche.



   

Il teatro del XVIII secolo

Durante il Settecento il rinnovamento e la sperimentazione si manifestarono anche nel teatro, con la rivalutazione della parola, a differenza di quanto accadeva nella Commedia dell'Arte, in cui la parola soggiaceva alla comunicazione gestuale o si restringeva in un'espressività povera, oppure nel melodramma, si dissolveva in musica.

Il teatro del ‘700 fu caratterizzato dalla sempre maggiore importanza attribuita alla recitazione. Furono portati sulla scena personaggi dalla psicologia complessa e contraddittoria, che richiedevano agli interpreti la capacità di rivivere intimamente passioni ed emozioni, per esprimerle in modo convincente sulla scena. Gli autori rinnovarono il tema dell'amore in una ricca gamma di sfumature e situazioni, dando vita ad un teatro che originò il dramma borghese ottocentesco. In Italia, Carlo Goldoni sostituì ai canovacci e all'ambientazione indeterminata degli spettacoli della Commedia dell'Arte un testo scritto e una scena definita, mentre Vittorio Alfieri sviluppò il genere tragico, approfondendo lo scontro morale tra la figura dell'eroe e quella del tiranno.
La Commedia dell'Arte, sviluppatasi in Italia nel corso del Cinquecento, e diffusasi in tutta Europa, divenne assai popolare in Francia. Gli attori improvvisavano anche brevi scene individuali con battute e lazzi, spesso attingendo da repertori. Nel XVII secolo, i governi di Spagna e Francia cercarono di censurare e regolamentare questa forma teatrale, ma fu proprio in Francia che la commedia ebbe la maggiore influenza, ispirando molta parte del teatro dei maggiori commediografi francesi.
Nel ‘700, in Italia, Goldoni obbligò gradualmente le maschere a riferirsi ad un testo scritto, rinunciò alle facili buffonerie e inserì l'azione nel contesto borghese e mercantile. Il Settecento vide anche la riforma del melodramma. Dalla collaborazione del librettista Calzabigi, (1714–1795) con il musicista Gluck, iniziò una riforma del teatro musicale attesa da lungo tempo: la struttura dei drammi fu semplificata e gli intrecci resi più comprensibili e ridotti a poche scene per ogni atto. Il melodramma, trovò il suo maggiore interprete in Pietro Metastasio, che elaborò la riforma del teatro mediante soluzioni compositive ed assegnando alla parola la preminenza sulla musica e sugli altri elementi dello spettacolo.
Nel secolo delle riforme, anche la tragedia, genere estremamente regolato e considerato eccelso, che aveva dato prove dignitose, si sviluppò. Occorreva però il temperamento insofferente di un intellettuale alla perpetua ricerca di se stesso, il piemontese Vittorio Alfieri, per fare della tragedia l'espressione di una moderna tensione libertaria, che si concretizzò nel conflitto fra il tiranno (qualsiasi principio di autorità, anche interiore) e l'uomo libero che afferma la propria dignità e libertà con la morte. Tiranno e uomo libero coesistono, a volte, nella stessa persona e il tiranno può essere l'incontenibile forza interiore di un sentimento. Alfieri accettò le rigide convenzioni del genere tragico e anzi le esasperò, concentrando l'azione entro una fissità spazio temporale che esprime l'atemporalità del dramma. Le sue opere contribuirono a educare le generazioni risorgimentali.



   






Il teatro del XIX secolo

Il teatro europeo all'inizio dell'Ottocento fu dominato dal dramma romantico. Gli ideali romantici vennero esaltati in modo particolare in Germania. Nel romanticismo si situano Johann Wolfgang von Goethe e Friedrich Schiller, che videro nell'arte la via migliore per ridare dignità all'uomo. Degli ideali romantici e neoclassici si nutrirono molte tragedie di soggetto storico o mitologico. Al romanticismo teatrale fecero riferimento anche gli autori italiani come Alessandro Manzoni con tragedie come L'Adelchi e Il Conte di Carmagnola.
Molto importante fu anche il teatro romantico inglese fra i maggiori rappresentanti ci furono Percy Bysshe Shelley, John Keats e Lord Byron.
In Inghilterra, in Francia ed in Italia, in concomitanza con la nascita del naturalismo e del verismo (perenne ricerca della realtà in maniera oggettiva), intorno alla metà del secolo le grandi tragedie cedettero il posto al dramma borghese, caratterizzato da temi domestici, intreccio ben costruito e abile uso degli espedienti drammatici. Il maggiore esponente del teatro naturalista fu Victor Hugo e del teatro verista Giovanni Verga.



   


Il Teatro Contemporaneo

Il primo Novecento

Il Novecento si apre con la rivoluzione copernicana della centralità dell'attore. Il teatro della parola si trasforma in teatro dell'azione fisica, del gesto, dell'emozione interpretativa dell'attore con il lavoro teorico di Kostantin Sergeevic Stanislavskij e dei suoi allievi Vsevolod Emil'evic Mejerchol'd su tutti. Il Novecento aprì anche una nuova fase che portò al centro dell'attenzione una nuova figura teatrale, quella del regista che affiancò le classiche componenti di autore e attore. Fra i grandi registi di questo periodo vanno citati l'austriaco Max Reinhardt e il francese Jacques Copeau e l'italiano Anton Giulio Bragaglia.

Con l'affermarsi delle Avanguardie storiche, come il Futurismo, il Dadaismo e il Surrealismo, nacquero nuove forme di teatro come il teatro della crudeltà di Antonin Artaud, la drammaturgia epica di Bertolt Brecht e, nella seconda metà del secolo, il teatro dell'assurdo di Samuel Beckett e Eugene Ionesco modificarono radicalmente l'approccio alla messa in scena e determinano un nuova via al teatro.

Contemporaneamente però il teatro italiano fu dominato, per un lungo periodo, dalle commedie di Luigi Pirandello, dove l'interpretazione introspettiva dei personaggi dava una nota in più al dramma borghese che divenne dramma psicologico. Mentre per Gabriele D'Annunzio il teatro fu una delle tante forme espressive del suo decadentismo e il linguaggio aulico delle sue tragedie va dietro al gusto liberty imperante. Una figura fuori dalle righe fu quella di Achille Campanile il cui teatro anticipò di molti decenni la nascita del teatro dell'assurdo.

Nella Spagna del primo dopoguerra spicca la figura di Federico García Lorca (1898-1936) che nel 1933 fece rappresentare la tragedia Bodas de sangre (Nozze di sangue) ma le sue ambizioni furono presto represse nel sangue dalla milizia franchista che lo fucilò vicino Granada.



   

Il secondo dopoguerra

Nel secondo dopoguerra il teatro della parola si trasforma in teatro dell'azione fisica, del gesto, dell'emozione interpretativa dell'attore. Il teatro diventa utopia: sia attraverso il metodo Stanislavskij che con un allenamento fisico chiamato training, dove l'attore riesce a liberare la parte di se stesso nascosta dalle tante regole della cultura in cui vive (seconda natura), per mettersi in contatto con la natura istintiva, quella natura capace di rispondere in modo efficiente e immediato alle diverse casualità che si presentano nella vita, e quindi, anche sul palcoscenico, questa seconda natura sarà lo strumento dell'attore per diventare creativo, quindi artista.
Il teatro del '900 vuole perdere la priorità dello spettacolo, nel senso che esibirsi di fronte ad un pubblico deve essere solo una componente del teatro e non il teatro stesso: il lavoro dell'attore avviene prima su se stesso come uomo e poi come professionista. Molti parteciparono a questa maturazione sia fra i drammaturghi come Eduardo De Filippo che con lo sperimentale teatro di Carmelo Bene, sia con l'apporto fondamentale di grandi registi come Giorgio Strehler e Luchino Visconti.



   

 

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